Oristano

L’inizio della fine di Angioy

Cenni storici

Città della Sardegna occidentale e capoluogo di Provincia, venne fondata secondo la tradizione nell’anno 1070 quando venne completamente abbandonato il villaggio di Tharros. Il territorio ha subito nel XIX secolo opere di bonifica in seguito al prosciugamento di acquitrini che rendevano la zona paludosa e malsana.

Divenne capitale del Giudicato d’Arborea e residenza dei Giudici, fra cui i famosi Mariano IV e la figlia Eleonora d’Arborea che stilarono la ben nota raccolta di leggi della Carta De Logu. Nella piazza Eleonora d’Arborea sorge proprio una statua a lei dedicata e inaugurata nel 1881.

Dell’antico passato di Oristano poco rimane, delle antica mura di fortificazione resta solo la torre di San Cristoforo o anche detta Torre di Mariano II. L’antica residenza dei Giudici doveva erigersi presso le attuali carceri.

Fra le numerose chiese di Oristano la più importante è sicuramente la cattedrale di Santa Maria Assunta che risulta già citata in un documento del 1131 e che sorge presso l’attuale piazza Duomo.

L’inizio della fine di Angioy

È commovente la lettera che l’8 giugno del 1796 i deputati del Logudoro scrivono da Oristano al viceré chiamando l’Angioy «amatissimo Alternos e padre», risoluti fino all’ultimo nell’appoggiarlo e difenderlo. Parole che, seppur sicure nella baldanza che sembra esprimere, a posteriori risuona dei primi echi dell’inevitabile catastrofe. Arrivati nella fu capitale degli Arborea verso mezzogiorno, le schiere dei rivoluzionari guidate dall’Alternos sembravano ormai una marea inarrestabile proiettata verso Cagliari. Lasciato il Logudoro l’armata angioyana aveva visto ingrossare il proprio seguito dopo Riola con l’ausilio di Don Vincenzo Liqueri, notaio cabrarese e partigiano angioyano, a riprova che la prospettiva di un uovo assetto del regno aveva varcato i confini del Capo di Sopra. Ospite di don Giovanni Pietro Foys, l’Angioy, forse per troppa sicurezza o forse per eccessiva prudenza tergiversò a tal punto da farsi travolgere dall’armistizio di Cherasco che il Re aveva concluso con la Francia rivoluzionaria.

Questo attendismo gli fu fatale, la truppa agitata arrivò addirittura a insolentire la popolazione locale, fino al tragico epilogo. Il 12, constata la resistenza cagliaritana ai suoi propositi lasciò Oristano per raggiungere Sassari. Emblematica la frase che enunciò sul pesante fardello che aveva e avrebbe dovuto ancora sopportare: «super dorsum meum aedificaverunt peccatores».

Le lettere oristanesi dell’Alternos

Dalla città dell’antico regno di Arborea Giovanni Maria Angioy scrisse nel giugno dell’anno 1796 diverse lettere e missive, indirizzate ora al Viceré ora agli Stamenti. I documenti, di importanza capitale, sono stati pubblicati nel recente lavoro di Luciano Carta sull’attività stamentaria nel triennio rivoluzionario sardo. In una di queste epistole, datata 9 giugno 1796, viene riaffermata dall’Angioy la determinazione di avvalersi dell’aiuto della Repubblica francese per portare avanti la lotta:

«Illustrissimi e reverendissimi signori […] non occorre di rammentare le vicende, alla quale fu sottoposta la tranquillità, ma crederei, che colla mediazione della Repubblica francese potrebbero terminarsi felicemente, e con soddisfazione di tutti i buoni le nostre vertenze. Questa Repubblica, che ha già fatto la pace con Sua Maestà, essendo savia, illuminata, e spregiudicata, saprà determinare i dritti della sovranità, e quelli della nazione sarda».

Bibliografia
L. Carta (a cura di), L’attività degli Stamenti nella «Sarda Rivoluzione» (1793-1799) in Acta Curiarum Regni Sardiniae, 24, Cagliari 2000, p. 2239, doc. 616/4
R. Carta Raspi, Storia della Sardegna, Milano, Mursia, 1974; pp 399-709
E. Putzulu, Dizionario Biografico degli italiani, volume 31, 1985
A. Sanna, Le torri, le porte e le mura medievali della città di Oristano, Oristano, Fondazione Sa Sartiglia Onlus, 2019, pp. 89-113

Testi
M. L. Melas, A. Nasone, S. A. Tedde

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